martedì 1 maggio 2012

La cultura non conta, però...

Come ho detto in un commento, guardo gli indiani senza trovare un equilibrio nel sentirli uguali/diversi, e oscillo come un pendolo tra i due estremi: sentirli alieni o guardarli in controluce e vederli assolutamente simili a noi.
Ora ho capito che la cultura è una sovrastruttura che non cambia così nel profondo le persone. Il mio autista, per esempio, sembra una brava persona, è un indiano di mezza età con figli, moglie, cresciuto nell'India rurale. Non riuscirei a pensare a nessuno più distante di lui da un mio collega di Napoli - alto, occhi azzurri, giovane. Eppure, il mio autista indiano una volta mi ha fatto un ragionamento che era la copia perfetta (parola per parola!) di uno analogo fatto dal mio collega napoletano. Seduto sul sedile della macchina accanto a questo sconosciuto scuro scuro, ho avuto un deja-vu così forte che è stato come se mi scoppiasse un petardo in testa. Da quel momento è come se si fosse rotto qualcosa - guardo persone e vedo persone, non me ne frega più niente se sono alte, basse, marroni, gialle. Solo persone.
Anche se limitatamente, però, la cultura conta qualcosa nella vita di tutti i giorni - le reazioni che opponiamo ad essa, e al mondo, e alle altre persone quelle no, non cambiano. E la cultura e la società, qui, significano innanzitutto regole sociali.
 Parlando con una mia collega, S., sono riuscito ad entrare di più in contatto con la vita di tutti i giorni in India. E quello che ho visto non mi è piaciuto granché. I vincoli che gravano sulle persone sono maggiori qui. Non parlo di leggi che limitano la libertà, ma di una società che ti impone un determinato ruolo. Certo, il notaio vuole il figlio notaio in tutto il mondo, chi lo può sapere meglio di noi italiani? Ma se il figlio del notaio in Italia decide che vuole fare il salumiere, al padre potrà dispiacere e le persone intorno potranno pensare che è un fesso, ma certo non sarà ostracizzato e la sua famiglia non ne riceverà disdoro. La collega in questione si è trovata il ragazzo da sola ed ha dato un profondo dispiacere alla famiglia per questo - niente fidanzamento combinato. Solo dopo molti combattimenti i suoi genitori si sono rassegnati. Nel frattempo il bravo ragazzo che si era trovata ha iniziato a picchiarla, perché troppo geloso. Una volta si è presentata al lavoro con una bella ecchimosi sulla fronte. Dalle descrizioni che ho sentito, mi sono fatto l'idea che il ragazzo non abbia idea di come gestire una relazione con una ragazza, e si faccia prendere dalla paura e dalla gelosia.
Lei si è trovata incastrata: sua la scelta, suo l'errore, le famiglie si conoscevano e non poteva dar loro il dolore di dire che le cose andavano male e che voleva tirarsi indietro. "A mio padre verrebbe un infarto, e i miei in-law (i miei suoceri) mi vogliono troppo bene per dar loro questo dispiacere". Io cercavo di essere gentile, le davo corda e cercavo di tirarla su. Errore. Il ragazzo le aveva fatto terra bruciata intorno, lei non ha amici, e credo che fosse la prima volta in assoluto che un ragazzo (uomo? ormai sono vecchio) si dimostrava, semplicemente, gentile. Lei si è affezionata, un po' troppo. Come il ragazzo, anche lei non sapeva maneggiare bene una relazione anche solo di amicizia con l'altro genere, e ho dovuto chiarire un po' di cose. Certo, dappertutto si fanno casini in questo campo - anche e sopratutto in Italia. Ma è la differenza che passa tra uno che mira al bersaglio e non lo centra e uno che si spara in un piede. Al lavoro siamo tutti moderni e avanzati, lavoriamo con i computer, parliamo Inglese e viaggiamo per il mondo. Su un muro del caffè di fronte all'ufficio c'è dipinta questa frase: "Essere bisessuali significa avere il doppio delle probabilità di avere un appuntamento". Roba che mi sarebbe sembrata inopportuna anche in un caffè di una discoteca, in Italia. Però questa non è la cultura dominante. Questo è solo... appunto, un po' di vernice su un muro spesso trenta centimetri. Insomma, qui ci sono regole, regole, regole sociali e culturali... e quando le persone ne escono fuori perdono le coordinate e non sanno bene come comportarsi. Ognuno ha un ruolo, qui, e il suo compito è recitarlo il meglio possibile.

4 commenti:

  1. ...e qui i ragazzi non sanno che ruolo avere, perché possono fare e essere qualsiasi cosa. E questo li annichilisce.
    Comunque bisognerà che lottino: per liberarsi da un ruolo o per cercarsene uno che corrisponda ai loro desideri.
    :-) buon primo maggio, ma questo è davvero questione di cultura!

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    1. Ciao, buon primo maggio anche a te. Il primo maggio è una questione di cultura... ma quale? non più di un'ora fa il mio autista indiano mi ha fatto gli auguri per il "labor day", che qui corrisponde, oggi, al Maharashtra day. Non sapeva bene perché si festeggiasse il Maharashtra (gliel'ho detto io con enorme sfoggio di saputaggine: divisione del Maharashtra dal Gujarat), ma la festa dei lavoratori la conosceva! è tutto così mischiato oramai...

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  2. Sei fortunato ad avere questo lavoro che ti mette in contatto con tutto questo mondo di esperienze così importanti e culturalmente rilevanti per la tua evoluzione!

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    1. Le esperienze che fanno crescere, credo, sono quelle che da solo non faresti... e questa è stata una di quelle! E' stata davvero una tranvata in faccia, in quanto ad esperienze! ma è vero, è servita tanto.

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